LES PAYS DE COCAGNE
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kamchatk
Invité




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MessageSujet: Lager   Lager EmptyMar 12 Sep - 20:10

SUL LAGER SVENTOLA FALCE E MARTELLO
La terribile percezione di una realtà che scosse le coscienze di
quanti
avevano creduto nel cosiddetto... "paradiso sovietico" IL GULAG


di FERRUCCIO GATTUSO



Quando nell'agosto 1946 il premier britannico Winston Churchill
pronunciò
all'università di Fulton, Missouri, il famoso discorso della "cortina
di
ferro", nessuno in Occidente poteva anche lontanamente immaginare che,
al di
là di quella metaforica divisione che si ergeva "da Stettino a
Trieste", la
soppressione della libertà avesse raggiunto, già da decenni, una
scientifica
applicazione. L'Unione Sovietica, era un "indovinello, contenuto in un
mistero, all'interno di un enigma" (sempre nelle parole di Churchill)
del
quale non era dato conoscere nulla. Sul mito della Russia bolscevica,
quindi, due sole erano le posizioni ufficiali: la condanna e
l'esaltazione a
priori. Questa assurdo incantesimo è potuto persistere, tra crisi di
coscienza e polemiche, sino ad un recentissimo passato, il crollo del
Muro,
prima del quale le rigide posizioni della Guerra Fredda imponevano un
atteggiamento condizionato dalle superiori esigenze strategiche dei due
blocchi.

Ora che, dopo il crollo dell'URSS, gli archivi moscoviti spalancano le
porte
agli studiosi, una mole impressionante di informazioni si riversa
sull'opinione pubblica. Impossibile, e fondamentalmente ingiusto, in
queste
condizioni, appellarsi alla conservazione dei giudizi resi "immobili"
dal
dopoguerra ad oggi. Ai conati "conservatori", che si oppongono ad un
inevitabile revisionismo conseguente alla scoperta di nuovi documenti,
non
resta che un piccolo, ma fastidioso potere: quello di rallentare nel
tempo
la nuova presa di coscienza. Se ancora oggi, per la stragrande
maggioranza
dei giovani studenti italiani, la parola "Gulag" appare un oggetto
misterioso, lo si deve proprio ad una mancata operazione di
informazione
storica a livello scolastico.

Il sistema dei campi di concentramento puntitivi appartiene alla storia
sovietica sin dagli esordi, dai tempi di Lenin (già nel '20, presso le
isole
Solovki, situate nel Mar Bianco, a circa duecento chilometri dal
circolo
polare artico, era stato creato un "lager di lavori forzati per i
prigionieri della guerra civile", dove vennero imprigionati tutti
coloro che
si opponevano al nuovo regime, non solo zaristi quindi, ma anche
anarchici,
socialisti rivoluzionari, menscevichi) ma il maggior sviluppo avviene
negli
anni del consolidamento del potere di Stalin, e durante il suo lungo
"regno", che va dagli anni trenta fino alla metà degli anni cinquanta.
La
percezione del Gulag in Occidente ha subito diversi passaggi. Non va
dimenticato che, per quanto possa sembrare assurdo, l'immagine della
Russia
stalinista godeva di un diffuso "rispetto democratico" in tutto il
mondo.

Nel 1933 gli stessi Stati Uniti avevano riconosciuto l'U.R.S.S. e non
erano
pochi gli ambienti intellettuali disposti a concedere credito e
credibilitÃ
al regime dello "splendido georgiano". In quegli anni di crisi
economica in
tutto l'Occidente, non erano così sporadici i casi di intellettuali e
operai
disposti a lasciare l'odiato "inferno capitalista" per trasferirsi armi
e
bagagli nel "paradiso dei lavoratori". Un esempio per tutti può essere
considerato l'operaio americano Fred Beal, di estrazione comunista, che
lasciò l'America e si "rifugiò" in Russia dopo una condanna
inflittagli in
seguito ad uno sciopero. La stampa di tutto il mondo non mancò di
regalare
un'eccezionale cassa di risonanza all'avvenimento.

Non altrettanto fece quando Beal - disilluso dalla realtà sovietica e
constatate le condizioni inumane e senza diritti degli operai nella
patria
del socialismo - chiese (e, straordinariamente, ottenne!) di tornare
negli
Stati Uniti, dove scontò la pena e dedicò la sua vita a smascherare
il mito
dell'URSS. Eppure, come disse lui stesso, "mi trovai così, come
spirito e
come atteggiamento, del tutto fuori fase rispetto ai miei connazionali.
[…]
Comunisti, simpatizzanti sovietici e anche democratici di vecchia
scuola non
volevano ascoltare nulla sulla atroce realtà del "paradiso operaio".
Preferivano il quadro offertogli dai propagandisti; si adattava assai
meglio
ai loro ideali e alle loro illusioni". La responsabilità maggiore di
questo
clamoroso fenomeno di amnesia etica e storica sta però negli
intellettuali,
come magistralmente denunciò Raymond Aron nel suo splendido "L'oppio
degli
intellettuali". Una figura eminente in Russia fu lo scrittore Maksim
Gor'kij, che si prestò a megafono del regime stalinista.

Alla fine degli anni Venti lo scrittore compì un viaggio presso il
lager
delle isole Solovki, difendendone la sua "utilità sociale e la sua
capacitÃ
rieducativa". Il viaggio di Gor'kij fu abilmente pubblicizzato in
Russia e
all'estero. Molti dei detenuti attendevano con ansia l'intellettuale,
illudendosi di ricevere conforto dalla sua penna. Poco tempo dopo, le
sue
riflessioni sull'esperienza avuta alle Solovki erano tutte improntate
ad una
descrizione apologetica, che dimostra in modo agghiacciante la cecitÃ
di
un'intera categoria. I lager, quindi, diventavano "luoghi
indispensabili",
dove "aiuole fiorite crescevano intorno alle caserme". La Croce Rossa
prestò
credito a Gor'kij, e le immagini dello scrittore sorridente tra gli
agenti
della famigerata Ghepeù fecero il giro del mondo.

Già nel decennio precedente, c'era "la tendenza, - come scrive
Marcello
Flores - nella coscienza dell'Occidente, ad apparentare i lager russi
ai
campi di prigionia presenti in tutta Europa durante la guerra e a
considerarli un retaggio - come suggeriscono gli stessi dirigenti
sovietici
che promettono una rapida sottomissione alla giustizia dell'azione
della
polizia - della guerra civile. Quel che nessuno sembrava intuire è che
con
la fine degli anni Venti avrà termine non già l'arbitrio poliziesco
nella
repressione e nella gestione dei campi, ma la fine della divaricazione
tra
giustificazione ideologica, responsabilità giuridica, prassi
amministrativa
e realtà della detenzione". Se il Gulag ancora fatica ad entrare nella
coscienza dell'opinione pubblica, con molta più difficoltà rispetto
al Lager
nazista, è anche a causa della forte promessa idealistica contenuta
nel
comunismo, e del ricordo del contributo sovietico alla lotta contro il
nazismo e il fascismo nell'ultima guerra mondiale.

Eppure, sulle torrette agli angoli dei campi di concentramento, la
bandiera
che sventolava era quella con la falce e il martello. Anzi, come ha
sempre
lucidamente sottolineato, Marcello Flores, il Gulag ha finito per
essere
"l'altra faccia della società , una sorta di concentrato o proiezione
della
realtà sovietica, di microcosmo che riflette in condizioni punitive la
vita
della maggioranza dei cittadini […]". Il Gulag non è quindi un
reazione
impazzita ad un sistema in continua emergenza, bensì un fattore
endemico e
perfettamente conseguente al regime instaurato. Una prima riflessione
di un
certo spessore ci fu solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale,
quando
alcune prestigiose testimonianze di vittime del Gulag cominciarono ad
affiorare. In Francia, due dibattiti attirarono l'attenzione del mondo.
Il
primo fu il cosiddetto "affare Kravcenko", che prendeva il nome da
quello di
un funzionario sovietico che aveva disertato e si era consegnato agli
Americani.

"Ho scelto la libertà ", il libro che Kravcenko scrisse e che venne
tradotto
in più di venti lingue, vendendo milioni di copie, era una indubbia
testimonianza dall'interno del regime sovietico. Inaugurando una
strategia
che avrebbero seguito immancabilmente in seguito - quella di accusare
il
funzionario disertore di "aver scritto sotto dettatura della CIA"
(quarant'anni dopo, in pieni anni ottanta, le stesse identiche parole
marchiarono Armando Valladares, dissidente cubano che Castro tenne
segregato
per 22 anni, vittima di torture ed "esperimenti biologici") - i
comunisti
occidentali cercarono di isolare la testimonianza del dissidente. Nel
processo per diffamazione che ne conseguì, l'attenzione degli
inquirenti si
concentrò sulla realtà dei campi.

"Istituzioni rieducative dove i diritti umani venivano rispettati",
secondo
la propaganda comunista. Nemmeno lo sconvolgente racconto di Margarete
Bauber-Neumann (passata attraverso il Gulag e il Lager nazista, dopo
che i
russi la consegnarono, in quanto ebrea, diligentemente agli alleati
hitleriani) poté qualcosa contro la cieca fedeltà ideologica dei
comunisti
occidentali. Il secondo dibattito si svolse, sempre in Francia, intorno
alla
figura di David Rousset, membro dell'Associazione degli ex deportati
nei
lager nazisti, denunciato dai comunisti quando, nel novembre 1950,
aveva
lanciato un appello dal "Figaro", a tutti i sopravvissuti ai lager, nel
denunciare il sistema del Gulag sovietico. "Se pensiamo - scrisse
Rousset,
ricordando la propria esperienza sotto i nazisti - che milioni di
uomini si
trovano oggi nella condizione in cui noi ci trovammo ieri, sapremo che
abbiamo dimenticato". In occasione del processo per diffamazione che
anche
in questo caso seguì, numerose furono le testimonianze di
sopravvissuti al
Gulag.

Voci come Julius Margolin (condannato al Gulag con atto amministrativo,
senza essere ascoltato e senza subire processo) Alexandre Weissberg,
(scienziato austriaco emigrato volontariamente in URSS, arrestato con
accusa
di spionaggio, di complotto per uccidere Stalin (!) e di sovversione),
Jerzy
Gliksman, (membro del partito socialista ebreo polacco, deportato
quando, in
fuga dai nazisti, finì nelle braccia della polizia segreta sovietica)
lanciarono uno squarcio di luce sulla realtà entro i confini
dell'URSS.
Quando, nel gennaio 1951, Rousset vinse il processo intentatogli dai
comunisti, spiegò: "L'esistenza dei campi non è grave perché ci si
soffre e
muore; è grave perché vi si vive. […]

Un paese dove esistono i campi di concentramento è marcio fino al
midollo:
sono disumani i suoi detenuti, lo sono i guardiani e lo è soprattutto
il suo
regime. Il mondo concentrazionario attiva un contagio inevitabile e
questa è
la più grande sciagura che si possa conoscere". Il "Libro Bianco sui
campi
di concentramento sovietici" della Commission Internationale contre le
régime concentrationnaire, pubblicato lo stesso anno, si rivelò un
altro
documento fondamentale apparso sulla scena culturale francese. Nemmeno
la
denuncia ad opera di Kruschev del terrore staliniano, nel XX congresso
del
PCUS del 1956 (VEDI), spinse l'Occidente a concentrare la propria
attenzione
sul fenomeno del Gulag. Quel particolare momento storico, anzi, fu
visto
unicamente come denuncia dello stalinismo come "deviazione" da un
supposto
comunismo originario e "democratico" e come suggerimento alla
possibilità di
una "riforma" del comunismo. Il sogno di cartapesta che lo stesso
Gorbaciov,
fino al Golpe del 1991, si illuse di poter realizzare. Più tardi,
negli anni
settanta, venne la volta de "La giornata di Ivan Denisovic" (premio
Nobel
per la Letteratura) e di "Arcipelago Gulag" di Aleksandr SOLZENICYN e
dei
"Racconti della Kolyma" di Varlam Å ALAMOV. Guardando verso la Francia
-
antica maestra di libertà - il mondo poteva quindi prendere coscienza
degli
orrori del sistema concentrazionario comunista già da quarant'anni. I
Lao
Gai maoisti, i campi cambogiani, le carceri castriste furono (e sono!)
solo
continuazioni in scala minore dello stesso incubo.

Difficile condividere l'assordante silenzio in Italia di intellettuali,
libri scolastici, mass media, dove le riflessioni francesi sono
approdate, e
non completamente, solo dopo il fatidico 1989. Ancor più difficile
condividere l'atteggiamento assunto da parte di alcuni ambienti
intellettuali, che cercano di chiudere il capitolo, mai definitivamente
aperto, del Gulag, con la giustificazione dell'"esaurimento della
Guerra
Fredda", quando, nei confronti del Lager nazista e della Shoah,
avvenuti
cinquant'anni fa, mantengono - giustamente - alto il monito a "non
dimenticare".
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kamchatk
Invité




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MessageSujet: ..   Lager EmptyMar 12 Sep - 20:10

"È fatta, siete arrestato. E voi non troverete altro da rispondere che
un
belato da agnello: Io?? Perché?? Ecco cos'è l'arresto, un lampo
accecante,
una folgorazione che respinge istantaneamente il presente nel passato e
fa
dell'impossibile un presente di pieno diritto. Ed è tutto. Nelle prime
ore e
anche nei primi giorni non potete rendervi conto di nient'altro. Vi
balugina
ancora, nella vostra disperazione, una luna da circo, un giocattolo: È
un
errore, se ne renderanno conto! Tutto il resto, tutto quanto è ora
entrato a
far parte del concetto tradizionale e anche letterario dell'arresto,
non è
più la memoria vostra che l'immagazzina e l'organizza, ma quella della
vostra famiglia e dei vostri coinquilini. È una brusca scampanellata
nel
cuore della notte o un colpo brutale alla porta. È la gagliarda
irruzione di
stivali sporchi, d'insonni agenti. È, nascosto dietro le loro spalle,
il
testimone, impaurito e mortificato, che essi hanno reclutato
d'autorità . […]
L'arresto tradizionale sono, ancora, le mani tremolanti che preparano
la
roba di chi viene portato via: un cambio di biancheria, qualche
provvista,
un pezzo di sapone, nessuno sa che cosa dare, che cosa si può portare
con
sé, come sarebbe meglio vestirsi; ma gli agenti spronano, vi
interrompono
bruscamente dicendo: non ha bisogno di nulla. LÃ gli daranno da
mangiare. Fa
caldo".

Con queste parole, Aleksandr Solzenicyn descrive in "Arcipelago Gulag"
il
momento dell'arresto di un individuo prima della deportazione. La
grande
forza di questo libro è proprio quella di focalizzare gli infiniti
effetti
dell'incubo del Gulag sulla vita di un uomo. Il grande rischio che
comporta
parlare del Gulag - data la gigantesca ampiezza del fenomeno,
l'estensione
geografica dell'Arcipelago concentrazionario, il numero inimmaginabile
di
persone risucchiatevi - è proprio quello di restare, inevitabilmente,
prigionieri dei numeri, delle statistiche, "anestetizzando", per così
dire,
le implicazioni umane. Quell'arresto e tutto ciò che ne seguirà è,
quindi,
da pensare moltiplicato per decine di milioni di volte. Subito dopo
l'Ottobre bolscevico la dirigenza del partito unico cominciò a
pianificare
un nuovo sistema carcerario.

Già nel 1918 nasceva una Sezione punitiva centrale (CKO) all'interno
del
Commissariato del popolo alla giustizia, che avrebbe dovuto coordinare
tutte
le carceri dell'URSS. Questa istituzione fu, in definitiva, la "madre
del
Gulag". L'anno seguente, all'interno dell'NKVD (Commissariato del
popolo
agli affari Interni) fu creata la Sezione lavori forzati. Già due anni
dopo
la cosiddetta Rivoluzione, quindi, il nuovo regime dava rigore
istituzionale
al concetto dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, in aperto contrasto
con
le teorie marxiste cui sosteneva d'appellarsi. All'inizio del 1921 nei
lager
erano rinchiusi già intorno più di 156.000 detenuti. Entro il 1927 i
reclusi
arrivarono alla cifra di 200.000 persone. Il sistema di reclusione
cambiò
radicalmente nel 1929. Fuori di ogni retorica, si può affermare che,
con il
varo del piano quinquennale - il cui scopo era spingere la Russia in un
processo di industrializzazione forzata - la "patria del socialismo",
con un
clamoroso salto indietro nel tempo, torna alla pratica dello
schiavismo.

Non tanto clamoroso, in verità , quel salto all'indietro, dal momento
che il
servaggio della gleba in Russia fu abolito nel 1860! Il regime
bolscevico
decideva quindi di creare campi di "rieducazione attraverso il lavoro"
in
regioni remote e lontane dai grossi centri urbani. La Siberia - giÃ
utilizzata in epoca zarista - e la sterminata regione del Nord vennero
usate
come luogo per ospitare i campi. Ogni campo sarebbe distato dall'altro
centinaia di chilometri, in uno spazio sterminato e ghiacciato.
Assolutamente impossibile, per chiunque fosse riuscito a fuggire dal
complesso carcerario, attraversare quel deserto bianco a piedi, e men
che
meno sarebbe stato possibile varcare il confine. Nel 1930 i detenuti
nei
lager sovietici salgono improvvisamente da 23.000 a 160.000, e nella
primavera dello stesso anno viene creata una direzione unica di queste
strutture denominata ULAG sotto la guida dell'OGPU.

Un ulteriore riforma amministrativa nell'anno seguente portò alla
creazione
del Gulag (Glavnoe upravlenje lagerei, Direzione centrale dei lager).
È di
quel periodo la decisione di sfruttare i detenuti per l'imponente
costruzione del canale Mar Bianco-Mar Baltico: questo progetto sarà la
chiave di volta sulla quale fiorirà il Gulag, che potrà fornire
gratuitamente operai e ingegneri (tutti quelli arrestati per
"sabotaggio"
nelle cicliche "purghe anti-complotto") al fine di realizzare
costruzioni
imponenti. Ovviamente, ciò che veniva costruito a prezzo del sudore (e
della
morte: solo per questo canale 15.000 persone perirono in condizioni
disumane) di migliaia di detenuti veniva presentato all'estero come una
gloriosa edificazione del socialismo sovietico. Contemporaneamente, in
Occidente, i sindacati egemonizzati dai comunisti combattevano per i
diritti
dei lavoratori e glorificavano le conquiste della patria del
socialismo.

Nel 1932 fu la volta della costruzione del canale Mosca-Volga, intorno
al
quale fiorirono diversi Gulag (l'ITL Dmiroski, 200.000 detenuti, l'ITL
Bajkalo-Amurskij, 260.000 detenuti, il più grande della storia del
Gulag).
Nello stesso anno vengono eretti Gulag nella regione della Kolyma
(l'ITL
Nord-Est), che ospitò in 25 anni un milione di detenuti, destinati
all'estrazione dell'oro e dello stagno, che mantenevano l'intero paese.
L'anno 1934 vedeva, in tutta l'URSS, 510.000 persone "ospiti" del
Gulag, e
solo l'anno seguente, nel 1935, i dannati dell'inferno bianco salivano
a
730.000!

La crescita esponenziale non si sarebbe fermata, perché all'orizzonte
si
affacciava il periodo più buio della storia sovietica: il Grande
Terrore.
Stalin lanciava il colpo finale all'interno del partito e gettava le
basi di
quel "culto della personalità " che lo porterà ad essere giudice della
vita
di ogni singolo cittadino sovietico. Robert Conquest - nel suo
illuminante
"Il grande terrore" - ricorda come ogni sovietico, in quegli anni, non
si
sentisse immune dalla possibilità di finire nel Gulag. Il cittadino
sovietico, e gli stessi membri di partito, che finivano sotto le poco
umanitarie attenzioni della polizia segreta imputavano allo sgherro di
Stalin, il capo dell'NKVD Ezov, tutta la responsabilità del terrore.
Nella
memoria russa, infatti, il grande terrore passerà come "il periodo di
Ezov",
ma lo stesso Conquest ricorda come, in quei terribili anni, la vita
delle
persone veniva decisa da un semplice segno di matita rossa da parte di
Stalin. Ezov si limitava ad eseguire gli ordini. Il grande terrore
portò ad
un eccezionale sviluppo del Gulag. I Gulag che, fino al 1934 erano 14,
diventarono 31 e, per la fine del 1938, i detenuti erano saliti al
terrificante numero di due milioni di persone.

All'inizio del 1940 i Gulag erano già 57, 82 l'anno successivo, per
una
popolazione incarcerata di 2.350.000 persone. Un certo rallentamento si
ebbe
negli anni della Seconda guerra mondiale: la popolazione del Gulag
scese a
1.750.000 persone e, nel 1944, toccò il numero di 1.200.000 persone.
Con la
fine del conflitto, però, il Gulag riprese a pieno regime: il nemico
esterno
era stato sconfitto e, per mantenere salde le redini del potere, Stalin
necessitava di un nuovo "giro di vite". L'aspetto più agghiacciante
della
storia del Gulag è sicuramente questo: che il numero di detenuti che
avrebbe
dovuto popolare il Gulag veniva deciso ad inizio anno, secondo
direttive
dello steso Stalin. Esisteva, quindi, una sorta di pianificazione degli
arresti, che andava rispettata numericamente come si faceva per le
direttive
economiche di un Piano quinquennale. Stalin era pienamente cosciente
che
tutto il castello delle accuse ai condannati al Gulag era fondato sulla
menzogna: il terrore gli serviva solamente per mantenere saldo il
potere. In
questo, lo "splendido georgiano" si attenne alle originali direttive
del
"grande padre" Lenin, che negli anni della guerra civile, auspicava
l'uso
del terrore nei villaggi e tra i contadini come arma rivoluzionaria
necessaria alla vittoria.

La fine della guerra, che comportava lo "scomodo" impegno a restituire
i
prigionieri militari nel frattempo impiegati come forza lavoro, spinse
il
regime stalinista a ributtarsi nel tetro "arruolamento" nelle file
della
popolazione sovietica. Gli schiavi servivano, e da qualche parte
bisognava
pur prenderli.

Nel 1948 le direzioni dei Gulag erano già una novantina, e la
popolazione
detenuta era tornata a toccare il record di 2.000.000 di persone. Nel
maggio
1950 i "dannati" erano arrivati, incredibilmente, al numero di
2.800.000
persone. Con la morte di Stalin il sistema del Gulag venne riformato,
ma di
certo non cancellato. Nel marzo del 1953, a pochi giorni dalla morte
del
satrapo georgiano, venne interrotta la costruzione di nuovi Gulag, e un
decreto di amnistia del Presidium portò alla scarcerazione di un
milione di
detenuti, e alla riduzione degli campi dal numero esorbitante di 175 al
numero di 81. Anche le pene furono mitigate. A metà degli anni
cinquanta la
popolazione incarcerata nei Gulag era "solo" di un milione. Il 25
ottobre
1956 la risoluzione del CC del PCUS e del Consiglio dei ministri
dell'URSS
decise che era "inopportuna l'ulteriore esistenza degli ITL (altra
forma
burocratica per definire il Gulag, ndr)". Nel mese di ottobre il Gulag
cambiò nome in GUITK (Direzione centrale delle colonie di rieducazione
attraverso il lavoro). L'inferno cambiava nome, ma le fiamme rimanevano
le
stesse, e non bruciavano certo di meno.

di FERRUCCIO GATTUSO

Bibliografia

Gulag, il sistema dei lager in URSS, a cura di Marcello Flores e
Francesca
Gori, pp.227, Edizioni Gabriele Mazzotta, 1999
Arcipelago Gulag, di Aleksandr Solzenicyn, pp. 619, Oscar Mondadori,
1990
I racconti della Kolyma, di Varlam Å alomov, pp. 631, Adelphi, 1999
L'oppio degli intellettuali, di Raymond Aron, pp. 304, Ideazione
editrice,
1998
Il grande terrore, di Robert Conquest, pp.876, Edizioni BUR, 1999

Ringraziamo per l'articolo
(concesso gratuitamente)
il direttore di: http://web.tiscalinet.it/storia/index.htm

-------------

(http://www.cronologia.it/mondo26d.htm)
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